Brasile: Rivisto in miglioramento il rating del rischio politico di MLT dalla categoria 5/7 alla 4/7
Punti salienti
- I rincari dei prezzi delle materie prime sostengono l’economia e abbassano il deficit di parte corrente ai minimi storici.
- Il rapporto debito estero/entrate correnti è ai minimi degli ultimi dieci anni, con conseguente diminuzione dei rischi finanziari.
- Nonostante l’avvio di politiche monetarie restrittive da parte degli USA, il Brasile non ha registrato forti deflussi di capitale; al contrario, fra i mercati emergenti viene considerato un rifugio sicuro.
- Il Brasile sta contrastando la più elevata inflazione dal 2003 attraverso rialzi aggressivi dei tassi.
- Le finanze pubbliche continuano a rappresentare il tallone d’Achille, nonostante le considerevoli riforme strutturali attuate recentemente.
Pro
Contro
Capo di Stato e di Governo
Popolazione
PIL pro capite
Categoria di reddito
Principali prodotti esportati
Variazione in miglioramento del rischio politico di MLT dalla categoria 5 alla categoria 4
Il rating del rischio politico di MLT del Brasile a luglio 2016 era stato declassato alla categoria 5/7 a seguito del deterioramento dei fondamentali economici e all’aumento del rischio finanziario. Il mancato boom delle commodity aveva portato a due anni di recessione nel 2015-2016 e ad un calo delle entrate di parte corrente, mentre a causa di scandali legati alla corruzione era anche scoppiata una crisi politica e di fiducia. Negli ultimi cinque anni però con l’assestarsi della crisi politica e di fiducia i fondamentali macroeconomici sono migliorati notevolmente, sono state adottate alcune riforme fiscali necessarie e il rincaro dei prezzi delle materie prime hanno sostenuto l’economia. Di conseguenza i fondamentali economici e i rischi finanziari sono notevolmente migliorati e Credendo ha deciso di rivedere in miglioramento il rating della maggiore economia dell’America Latina classificandola nella categoria 4/7.
Il rincaro dei prezzi delle commodity rappresenta una buona notizia per il saldo di parte corrente
L’aumento dei prezzi delle materie prime (soprattutto carburante, metalli e alimentari) favorisce chiaramente questo grande esportatore di commodity. Innanzitutto, il Brasile è il quarto maggiore esportatore di beni alimentari – dopo gli USA, l’Olanda e la Germania – con i fagioli di soia al primo posto quale più importante sottocategoria. Inoltre, è il secondo maggiore esportatore in America Latina di minerali e metalli (dopo il Messico), con i minerali di ferro quale più importante sottocategoria. Inoltre, il paese è il quinto maggiore produttore di litio e di rame al mondo, e anche questo potrebbe avvantaggiare il paese nel lungo termine in vista della transizione verso le energie pulite. Infine, dal 2017 il paese è un esportatore netto di carburante (e il secondo maggiore esportatore di petrolio in America Latina, dopo il Messico). Di conseguenza dal 2020 il disavanzo di parte corrente è stato storicamente relativamente basso (vedi il rapporto tra il saldo delle partite correnti/PIL nel grafico 1). Il disavanzo di parte corrente previsto per il 2022 è pari a -1,5% del PIL, in linea con gli ultimi tre anni, e chiaramente inferiore alla media storica pari al -3% del PIL fra il 2010 e il 2020. Nel medio periodo si prevede un lieve deterioramento del deficit di parte corrente, sebbene dovrebbe comunque attestarsi ad un modesto -2% del PIL. In prospettiva, la diversificazione rappresenterà una delle maggiori sfide in quanto la dipendenza del Brasile dalle materie prime (sebbene rappresenti una ampia categoria) lo rende vulnerabile ad una flessione delle commodity, come accadde nella seconda metà del 2014 e nel 2008. Un’altra importante sfida è data dal rapido aumento del grado di deforestazione in Amazzonia per coltivare più terreni a scopo agricolo, in quanto questa pratica potrebbe far aumentare esponenzialmente il rischio di gravi siccità e la sostenibilità rappresenta un fattore di attenzione nei paesi ad alto e medio reddito. Gli USA e l’UE hanno già emanato delle normative per ridurre le importazioni di alimenti prodotti su terreni illegalmente deforestati, quali l’Amazzonia.
Il Brasile viene percepito come un ‘rifugio sicuro’ fra i mercati emergenti ma le finanze pubbliche sono fonte di preoccupazione
Negli ultimi anni il disavanzo delle partite correnti in Brasile è stato finanziato dagli investimenti diretti esteri (IDE), e questa tendenza dovrebbe proseguire nei prossimi anni. Il saldo di portafoglio è entrato in territorio positivo nel 2021, mentre era negativo fra il 2016 e il 2020 a seguito del declassamento del rating sovrano al di sotto dell’investment grade. Guardando al futuro, la politica monetaria restrittiva portata avanti dalla Fed rappresenta un rischio in quanto potrebbe innescare deflussi di capitale nei mercati emergenti. Tuttavia, essendo un grande esportatore di materie prime con fondamentali macroeconomici ragionevolmente solidi (sebbene le finanze pubbliche siano fonte di preoccupazione) ed intrattenendo rapporti commerciali e finanziari limitati con la Russia, attualmente gli investitori considerano il Brasile come una specie di ‘rifugio sicuro’ fra i mercati emergenti, e questo ne mitiga i rischi. Tuttavia, l’elevato indebitamento pubblico (93% del PIL nel 2021) resta motivo di grossa apprensione che andrà affrontato, e nel medio termine potrebbe sfociare in una avversione al rischio degli investitori e dare il via a deflussi di capitale.
Il rapporto debito estero/entrate correnti è ai minimi degli ultimi dieci anni
Recentemente i rischi finanziari sono diminuiti notevolmente. Il debito estero è moderato e alla fine del 2021 si attestava al di sotto del 40% del PIL e quasi al 180% delle entrate di parte corrente. Inoltre, il rapporto debito estero/entrate correnti è ai minimi degli ultimi dieci anni. I rischi finanziari sono mitigati anche dal fatto che circa il 90% del debito è di medio/lungo termine, e a ciò si aggiunge il persistente ed enorme buffer di liquidità costituito negli anni 2000, che contribuisce a diminuire ulteriormente i rischi finanziari. Alla fine di febbraio 2022, le riserve coprivano l’equivalente di circa un anno di importazioni. Alla fine del 2021, le riserve valutarie coprivano quasi il 56% del debito estero totale e più di 3,5 volte il servizio del debito annuo. L’anno scorso anche il servizio del debito è migliorato nettamente. Detto questo, un significativo deterioramento della posizione fiscale resta un punto di forte preoccupazione in quanto potrebbe avere un impatto sulle dinamiche del debito estero.
La maggiore economia dell’America Latina fa i conti con una crescita economica fiacca
Il Brasile si è ripreso da una contrazione del PIL reale relativamente modesta rispetto agli altri paesi dell’America Latina, pari al -3,9% nel 2020 con un forte rimbalzo economico del 4,7% nel 2021 (vedi crescita del PIL reale nel grafico 2). Tuttavia, la crescita economica sta perdendo forza nonostante i benefici derivanti dal rialzo dei prezzi delle materie prime. Il tasso di crescita del PIL reale è previsto attestarsi ad appena lo 0,8% nel 2022 a causa della combinazione fra l’impatto delle politiche monetarie restrittive dello scorso anno e l’incertezza politica che precede le elezioni presidenziali che si terranno in ottobre. Nel 2023, l’incertezza politica dovrebbe diminuire ma i raccolti rischiano di rendere meno a causa della dipendenza dai fertilizzanti russi. Perciò nel 2023 la crescita del PIL reale, pur essendo prevista in rialzo, dovrebbe rimanere relativamente bassa all’1,4%. Successivamente è probabile che la crescita economica resti piuttosto fiacca: il FMI ha previsto una crescita economica reale pari al 2% circa (leggermente maggiore rispetto al tasso di crescita medio storico del PIL reale pari all’1,3% nel 2009-2019). Tale andamento trova giustificazione nelle sfide strutturali, quali le infrastrutture scadenti, la macchina burocratica, la complessità del sistema fiscale, l’accesso inadeguato al credito per le imprese ed elevate barriere commerciali. I rischi di ribasso considerati nella previsione vanno dalla vulnerabilità, alla siccità, a gravi disordini, una nuova ondata mortale della pandemia da Covid-19 (sebbene il 77% dei Brasiliani si siano sottoposti all’intero ciclo vaccinale), ad un significativo deterioramento delle finanze pubbliche. Sul fronte positivo, se i rincari dei prezzi delle materie prime dovessero perdurare o il governo dovesse implementare le riforme volte a migliorare la produttività, allora potrebbe essere possibile una crescita economica maggiore.
Il Brasile sta contrastando l’inflazione più elevata dal 2003
Il Banco Central do Brasil (BCB) sta combattendo una inflazione a doppia cifra. Alla fine di marzo 2022 l’inflazione aveva raggiunto l’11%, il livello più alto dal 2003 (vedi linea rossa nel grafico 3). L’aumento dell’inflazione era dovuto all’aumento dei prezzi globali di alimenti e energia, alle strozzature nelle catene di approvvigionamento e alle condizioni di grave siccità dell’anno passato, che hanno fatto lievitare i prezzi dell’elettricità a causa della sostituzione dell’energia idroelettrica con i ben più costosi combustibili fossili. In risposta, nell’ultimo incontro tenutosi a maggio 2022 il BCB ha aumentato aggressivamente il tasso di riferimento Selic al 12,25% dal 2% a marzo 2021, un tasso di riferimento storicamente basso (vedi linea arancione nel grafico 3; la linea rossa rappresenta il tasso di inflazione annuo). Quest’anno si ritengono possibili ulteriori inasprimenti della politica monetaria, sebbene probabilmente meno aggressivi, in quanto nei prossimi mesi l’inflazione dovrebbe diminuire (al 6,7% alla fine dell’anno) grazie al progressivo dipanarsi dell’effetto delle precedenti misure restrittive di politica monetaria e al fatto che la grave siccità è terminata. Inoltre, l’apprezzamento del real brasiliano rispetto al dollaro americano dall’inizio dell’anno potrebbe controbilanciare gli aumenti dell’energia e dei combustibili importati.
Il tallone d’Achille restano le finanze pubbliche, nonostante le recenti importanti riforme strutturali
Negli anni passati sono state adottate delle riforme volte a mantenere le finanze pubbliche su un percorso sostenibile. Dal 2016 il governo federale è stato vincolato dal tetto di spesa previsto dalla Costituzione, che in pratica congela le spese. Inoltre, nel 2019 è stata approvata una riforma delle pensioni blanda ma importante. Vi sono poi dei piani di privatizzazione ancora in cantiere da implementare prima delle elezioni (il maggiore riguarda la privatizzazione della società elettrica brasiliana Eletrobras), sebbene resti da vedere se potranno essere attuati in tempo. Comunque, negli ultimi anni il debito pubblico è salito, ma ad un ritmo significativamente più lento di quanto previsto prima delle riforme. Durante la pandemia da Covid-19 nel 2020 il debito pubblico è schizzato al 99% del PIL (vedi debito pubblico rappresentato da istogrammi arancioni nel grafico 4; la linea rossa rappresenta il saldo di bilancio totale), un livello notevolmente più elevato rispetto alla media dei mercati emergenti: Grazie alla ripresa economica, alla fine del 2021 il debito pubblico è ridisceso al 93% del PIL. In futuro, il boom dei prezzi delle materie prime sosterrà le royalty petrolifere e il gettito fiscale dalle aziende minerarie e agricole nel 2022, abbassando il debito pubblico al 92% del PIL, che resta pur sempre un livello elevato. Nonostante il forte indebitamento, i pagamenti degli interessi sul debito pubblico restano a livelli gestibili per il paese. Inoltre, la base degli investitori predominantemente nazionale (circa l’88% del debito è in mani domestiche), l’elevata percentuale denominata in real brasiliani (circa il 94% del debito), l’ampia liquidità e la consistente disponibilità da parte della Banca Centrale di debito del Tesoro mitigano il rischio. Guardando avanti, il prossimo presidente dovrà introdurre ulteriori riforme di bilancio per mantenere le finanze pubbliche su un percorso sostenibile.
Analysta: Jolyn Debuysscher (J.Debuysscher@credendo.com)